La Storia

Ultima modifica 18 dicembre 2017

Martignana di Po è un centro a vocazione rurale e residenziale di poco più di 1300 abitanti, sito nella zona sud-orientale della pianura cremonese e circondata da un'ordinata distesa di campi, da sempre fedeli compagni di lavoro di questa gente.
Nel lembo meridionale del territorio comunale, tra lunghi filari di pioppi, s'incunea il Po che traccia il confine con l'Emilia e che è storicamente legato ai suoi frequentatori da un rapporto di complicità e timore reciproco.
È il fiume a connotare marcatamente la storia di questo paese della Bassa cremonese, un tempo situato nei pressi dell'alveo, poi ritiratosi all'interno, con l'argine maestro a rappresentare un rassicurante baluardo di fronte ai pericoli di alluvione.

TRA PASSATO E PRESENTE

Già in epoca romana Martignana doveva rivestire una qualche importanza visti i numerosi riscontri archeologici che emergono dal suo territorio. Ma la prima notizia "ufficiale" che riguarda il paese risale all'anno 878: il villaggio "Martegnana" è citato in un contratto, che molti storici oggi ritengono non autentico, di permuta di beni stipulato tra Ansperto, arciprete della cattedrale di Cremona, e Rimivaldo, custode della chiesa di S. Giovanni Battista di Casalmaggiore. Al centro, per lungo tempo, delle dispute fra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia, Martignana, insieme ai paesi limitrofi di Gussola e S. Giovanni in Croce, è assegnata nel 1484 al condottiero Giampietro Bergamino da parte di Gian Galeazzo Sforza. Nel XVII sec. il borgo casalasco viene affidato al capitano Alfonso Pimentel e quindi a Gian Giacomo Annoni. Il 21 dicembre 1862, raggiunta ormai l'unità d'Italia, il Comune assume la denominazione di "Martignana di Po".
L'economia su cui si regge il paese è prevalentemente agricola, anche se non mancano attività artigianali. Sul territorio comunale è presente, inoltre, una grossa industria di laterizi, prodotto caratteristico di questa zona.
Inseguendo lo snodarsi dei numerosi percorsi di campagna è facile imbattersi in cascine, anche di considerevoli dimensioni, fra cui spicca la "Ca' Nova", un tempo addirittura frazione. Vi vivevano, allora, oltre un centinaio di persone, perlopiù braccianti che lavoravano la terra situata attorno all'abitato. La distanza dal capoluogo sollecitò i residenti ad erigere in loco un piccolo edificio religioso per le celebrazioni eucaristiche che venne intitolato a S. Giovanni Evangelista.


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